michele casella

Diario minimo

Categoria: #politica

Caro Presidente Le scrivo……

Gentile Presidente della Repubblica Italiana Saltiamo le presentazioni. Troverà ogni mio dato sulla busta con cui le spedirò questa lettera. Mi rivolgo a Lei perchè voglio beneficiarla dell’ultimo residuo di fiducia che mi rimane. In questi giorni assistiamo impotenti al naufragio titanico ( alla faccia delle ricorrenze storiche…) della credibilità dei partiti e della politica. Sento la necessità di vomitare questo pensiero, questo scritto con l’unica speranza poi di star meglio una volta evacuato. La cosa che mi fa male è l’imbarazzo che si prova nel sentirsi italiani. Ci sono centinaia di studi, lo so, sul “non nazionalismo” de “noialtri”, sul nostro disfattismo, sul nostro essere critici e nello stesso tempo patetici. Ma la cosa che fa ancor più male è il constatare impotenti il ricorrere delle situazioni che concimano questo imbarazzo. Lei L’Italia l’ha vista per un bel pezzo. La conosce meglio di me, povero consigliere comunale di campagna. Ma quel che so per certo è che quelli che oggi rubano sono quelli che un tempo agitavano le forche, chi ora urla temo che tra qualche anno, al potere, farà la stessa fine. Questo caro Presidente è ciò che mi dilania: La certezza che tutto sia una rappresentazione tragicamente reale della realtà. É la ruota inarrestabile dell’uomo corrotto dal Potere. La fine della prima e della seconda repubblica è la conferma storica dell’impossibilità stessa per il politico italiano ad essere coerente. Ma non è il Potere corrotto di per sè. É la natura stessa del Potere che corrompe l’uomo. Il Potere, per i scarsi bocconi che ho potuto mordere nella mia vita, modifica il dna del carattere di una persona. Prima cosa fa sì che una persona si sganci dalla realtà. Non respira più la sua aria e ciò lo porta ad un’asfissia della propria coscienza e ad una deriva che è inesorabile. Pochi rimangono adesi alla vita reale. La sensazione mia è che gli uomini potenti che appaiono sereni e completamente immersi nella realtà, stiano invece fingendo con maestria. Il Potere addestra alla finzione. Non mi rivolgo a Lei, ovviamente. Il Potere non ha pensiero; è uno scontrarsi più o meno violento di forze “acefale”contrapposte. Non può che essere così. Questo spiegherebbe molte cose. Spiegherebbe l’impulsività del Potere, la stupidità del Potere, l’indecoroso spettacolo che il Potere dà quando viene smascherata qualche sua infamia. Il Potere non ha memoria, per questo la storia si ripete. Il Potere crea la legge per soggiogare gli onesti e nell’economia ha trovato lo strumento per affamare e fidelizzare l’uomo che si procura il pane. Signoraggio, crisi economica, tutto sembra orchestrato a tavolino per renderci schiavi. E i comici, da pungolatori del Potere si stanno improvvisando domatori maldestri della “bestia”. Ma la bestia è dentro l’uomo e non fuori. Non c’è più l’ideologia che distingue un uomo da un altro, c’è la diversità di lunghezza del laccio che lega ognuno di noi al Potere. Tutti ne siamo succubi. Anche Lei caro Presidente. Non è vero che ci sono gli onesti, o meglio ci sono, ma sono inclusi in bolle d’aria in cui non si decide nulla, bolle fluttuanti, fuori dal mondo. Gli onesti sono degli alieni espulsi fisiologicamente dal Potere. Il decidere per gli altri ti mette in una posizione di pericolo, di esposizione al contagio. La tensione a diventare “superuomo” si innesca con l’incontro amoroso, con la bramosia di copulare con il Potere. Come fare? L’anarchia? No….. moltiplicheremo i centri di Potere e la contrapposizione delle forze con il risultato di una malsana ed incontrollabile violenza. La democrazia, quella vera? …. Ma esiste democrazia veramente? Comincio a dubitarne. Alcuni esperimenti sociologici attuali sono interessanti…la comicità di piazza, il tecnicismo al governo, il civismo, la metamorfosi dei partiti che vogliono cambiare rimanendo se stessi, come “camaleonti del consenso”. Ma chiunque, una volta al potere, non verrebbe forse contagiato. Immagini che squallore: la medicina che viene annacquata dal morbo. Un virus che prende le sembianze della cura. Per non parlare degli esiti che ci dovremmo poi sorbire. Immagini un comico arrogante per colpa del potere: sarebbe uno spettacolo tristissimo. Come resistere quindi agli effetti collaterali del Potere? Come sopravvivere al contagio ? Lo chiedo a Lei Presidente, perchè ha vissuto abbastanza per abbozzare una risposta. Lei non dovrebbe tutelare la Costituzione. Non solo quantomeno. Essa, in questa Italia, è quasi un testo comico se letto alla luce dei fatti quotidiani. Lei dovrebbe rigenerare gli italiani, ridarci la fierezza che forse pochi dei nostri hanno avuto. La imploro, faccia tutto ciò che Le è possibile prima che sia troppo tardi. Spero in una Sua non tardiva risposta. Con l’italiana speranza che mi resta La saluto. Con stima. Michele Casella

Il Fair Play è andato a farsi fottere ….

Oggi provo a metterla sulla filosofia. Lo faccio per diletto e premetto già che ho voglia di divertirmi. Sono da poco “sceso” o “salito” ,dipende dai punti di vista, nella vita amministrativo – politica – ideologica – nazionalpopolare dell’amena cittadina in cui la Provvidenza mi ha condotto. Devo dire che sono ancora in fase di svezzamento ma ho già riempito un quadernino di osservazioni che ora provo a condividere. Non c’ho scritto un granché su: qualche frase, qualche idea, piccoli fioretti a cui quasi sicuramente verrò meno. In questi giorni però ho fissato una massima, anzi, l’ho scritta a caratteri cubitali. Ad essere sincero non l’ho scritta personalmente, me medesimo; l’ha scritta il mio doppio, Casella Secondo, che si sta rivelando il doppio cinico del Casella che scrive, l’uomo vestito di buone intenzioni. Cosa ha scritto il mio doppio? Semplice:“non c’è più far play”. Una frase strana, fuori contesto, lapidaria quasi come una condanna. I due Casella che si avvicendano nell’amministrate gli umori del corpo che abitano, hanno iniziato un’indagine sul perché di tale affermazione, anzi, di tale sentenza. Perché mai è stata buttata sul quadernino. Il tutto è stato distillato nella recente esperienza amministrativa. Ho dovuto amaramente constatare che il confronto delle diverse idee è il primo ring in cui si combatte senza esclusioni di colpi. È il luogo in cui si è smarrita la lealtà. Potrà sembrare strano, ma il luogo del confronto, del costrutto, si è evoluto nel luogo della distruzione. A quale pro? Temo, e purtroppo ne ho conferme tutti i giorni, che questa situazione non sia stata cercata. Non è neppure dettata dal caso. Ci siamo arrivati perché come uomini ci siamo un po’ persi, ci siamo rassegnati al ribasso, ad accontentarci. Un’osservazione che riguarda tutti e non solo una parte. Nessuno si distingue. Siamo peggiori dei nostri padri. Non siamo più capaci alla purezza dei sentimenti, né all’amore né all’odio. E di conseguenza neppure siamo più all’altezza di portare rispetto. Va bene tutto, ci accomoda tutto e siamo disposti a tutto pur di ottenere “qualcosa” che ci interessa, da un risultato “politico” ai 5 minuti di notorietà. Ma la cosa che ci abbruttisce ancor di più, riguarda il come viviamo lo scontro. Non ci sono più regole interne etiche, non c’è più il buon senso del galantuomo. Siamo disposti, oggi, a tutto, anche all’imbestialirci, a fare del male gratuitamente, magari vestendoci con l’abito del “difensore della legge”. Casella secondo a questo punto sbotta urlando scocciato che uomini per bene non sono mai esistiti, che è sempre stato così, che sono un piccolo borghesuccio benpensante. Mi manda per giunta a “vaffanculo”. Il mio alter-ego si incazza ed io incasso. Come posso sperare di diffondere la virtù del fair play se interiormente una parte di me la ripugna con tutta se stessa? La schizofrenia del mio dibattito interiore mi confonde. Anche perché si proietta all’esterno inesorabilmente. Il fair play è una rappresentazione teatrale di un ideale. Temo di una fantasticheria. Non può esistere. Molti fatti me lo dimostrano. Che dire ancora? Non ci resta che la nostalgia. In un bellissimo film, Il Divo di Sorrentino, viene fatto dire a Giulio Andreotti, che fu uno degli uomini più influenti e potenti d’Italia una frase che è la sintesi dello stato di salute del fair play, un epitaffio che è singolare, che è pesante, che purtroppo sembra, al doppio che si dibatte in me, una conferma. Ricordando Nenni, il suo avversario più acerrimo, il Divo Giulio afferma laconicamente: ”quanto ci odiavamo… ma quanto rispetto c’era tra noi”. Altri tempi, altri uomini.

Sulla via dei miei maestri

« Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico -cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. » (Da La nostra vocazione sociale. Giorgio La Pira) IO CREDO IN NOI. 

testimonianza semiseria in merito alla mia candidatura alle amministrative

Voglio condividervi questo filmato che alcuni amici hanno realizzato in merito alla mia candidatura. Saper ridere di se stessi è il miglior modo per non smettere mai di sorridere. Buona vita a tutti. Io Credo in Noi.

La passione che sta alla base delle scelte

Cari amici … eccomi qua. Siamo in ballo. È stata ufficializzata la mia candidatura alle prossime amministrative. Non vi nascondo che molti mi hanno fermato, mi hanno chiesto il perché abbia accettato di “buttarmi” in politica. Non è semplice da spiegare. È stato un lungo parto ma alla fine è nata! Che cosa vi chiederete? Semplice, la chiarezza che per vivere a pieno quello che vivo nella mia vita quotidiana, devo pensare ad una condivisione nella vita politica. Non serve a nulla avere le mani pulite per tenerle in tasca. E non è giusto criticare il mondo della politica e poi restarne fuori … per comodità. So bene che molti non sono d’accordo con la mia scelta … e li rispetto. Ma che posso fare? Vanno fatte delle scelte. Molti mi appoggiano e mi incoraggiano. Sarà dura, come lo è sempre “facendo le cose”. Come lo è quando si fanno delle scelte per passione. Molti mi rimproverano che “ora rovinano anche te…”. L’essere rovinati o meno non dipende dalla politica ma dalla scelta delle persone. E il mio sguardo è fisso sulle persone che mi hanno portato a questo. Le persone sono il motivo della mia scelta. Ma sull’argomento da qui al 15 maggio torneremo spesso …. A dopo.

Contro una società di somari

La politica non c’entra. Nulla assolutamente. Ora che il decreto Gelmini è passato al Senato posso, alla luce della mia coscienza e della convenienza, esporre un pensiero sulla spinosa questione della riforma della scuola italiana. Ma prima d’iniziare ribadisco con forza che la politica non c’entra, la questione forse è servita per riattizzare la querelle politica. Ma con questo scritto la politica dei partiti non ha nulla a che vedere.
La riforma prevede il famigerato maestro unico. Una figura romantica sicuramente. Molti di noi hanno iniziato la loro carriera scolastica con questa figura che spesso incarnava più il pedagogo di stampo attico ( il maestro di vita ) che il semplice docente. Sicuramente per molti la figura del maestro unico è stata tra le più significative della propria esistenza. Mel mio caso la mia maestra fu il primo amore. Quindi nessuna opposizione aprioristica alla riforma. Poi leggendo attentamente il decreto ci si accorge che le classi non potranno avere una composizione inferiore ai 25 studenti. Cioè 25 alunni minimo ed un solo maestro? Poi addirittura meno ore per ogni maestro … Si insinua il dubbio che la scelta del maestro unico non sia stata mossa da istanze educative, ma da necessità di bilancio. Che tutto il decreto sia un’operazione di alleggerimento delle spese. Questo a discapito di chi? Ovviamente dei più deboli, cioè i bambini. È inconcepibile immaginare una classe con magari una trentina di bambini, considerando quanto sono svegli i bambini oggi, di varie nazionalità e quindi con una padronanza linguistica diversificata, con un solo maestro. Il maestro diverrebbe un presidio disarmato che si oppone alla complessità sociale, alle difficoltà di integrazione, che tenta di arginare la fragilità di cui i nostri piccoli, oggi, sono invasi. Questo modello rischia di diventare un’esperienza che brevemente porterà ad una scuola incapace di formare alla vita. Non per demerito degli insegnanti, a cui va tutta la mia personale stima, ma per l’impossibilità che si viene a creare per decreto legge ( sa tanto di decreto regio …) di accompagnare e di seguire in modo individualizzato il bambino. Arriveremo ad una scuola che riuscirà a formare quei bambini con una marcia in più, quei piccoli con delle famiglie che possono dedicarsi massicciamente alla formazione intellettuale ed umana dei propri figli. Lo so! Tutte le famiglie lo dovrebbero fare ma sappiamo bene che in realtà le famiglie spesso hanno delle difficoltà a stare in piedi e ad affrontare il quotidiano. Tranne le famiglie ricche che si avvalgono delle scuole a pagamento, di straordinaria qualità. Una scuola dunque che consegnerà alla società dei bambini pronti ad intraprendere la splendida avventura della crescita, ed altri invece che avranno accumulato molti fallimenti, la consapevolezza di non farcela, di non essere all’altezza. Di essere dei somari. La scuola che dovrebbe essere l’esperienza dell’inclusione diventa così la fabbrica dell’esclusione. Sarebbe stato utile al ministro Gelmini passare qualche giorno con i bambini che pagano di persona, e non per responsabilità propria, l’essere nati in una famiglia con delle difficoltà, e quindi di avere bisogno di maggiore cura per poter fiorire. E vi garantisco che sono energie ben spese. Se ci rassegniamo al fatto che chi nasce in una famiglia senza grandi mezzi debba stagnare nella problematicità oppure che chi ha delle difficoltà relazionali, pur avendo delle potenzialità, debba essere estromesso e non inquadrato nel sistema scolastico, soffochiamo alle radici il progresso della nostra civiltà. Cito l’esempio di Albert Einstein, scolasticamente incompreso a causa di un sistema scolastico rigido, poi diventato l’uomo che conosciamo ( http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Einstein ). La scuola va riformata non perché non ci sono più soldi, ma perché bisogna mettere nelle migliori condizioni il bambino al fine di farlo diventare un adulto felice. I bambini che non staranno al passo, i bambini che verranno esclusi, tra un quindicina d’anni presenteranno il conto alla società e sarà anche allora un costo per noi tutti, oltre a tutto il bagaglio di frustrazione che si porteranno addosso.
Se vogliamo risparmiare possiamo partire dalla riduzione del numero di parlamentari e dal taglio dei loro stipendi. I nostri parlamentari sono tra i più pagati e sicuramente tra i meno capaci, scolasticamente parlando. Alla fine può interessare a questo signore che ci rappresenta la formazione globale del bambino? Peccato che il parlamento sia a numero chiuso e non possa accogliere tutti i somari che questa scuola sfornerà con questa riforma. Ma anche in questo caso la politica non c’entra e soprattutto non ha fatto centro. 
Sui brillanti risultati scolastici dei nostri rappresentanti provare per credere.

Benvenuti !

Ciao a tutti,tra qualche giorno sarà disponibile il mio blog completo di tutti i contenuti…resta sintonizzato 😉