Cosmologia artistica: breve trattato sull’arte, chiave interpretativa dell’Universo

ALCHIMIA-POLLOCK

È evidente che il mondo sta procedendo in modo irrefrenabile nella sua corsa entropica verso il disfacimento. Anzi, mesciando altre teorie, verso la “ricreazione”. L’universo non è votato all’autodistruzione, procede inesorabile ad un qualcosa “altro” che non possiamo concepire. In questa pillola ci sta dentro ogni teoria: quella del “Tutto”, della “Generazione continua”, “L’eterno immobile” e del “Sommo orologiaio”. Troppi virgolettati, ma sono un principiante del pensiero. Noi cosa ci facciamo su questo veliero alla deriva nello spazio-tempo? Siamo semplici clandestini che possono mirare i flutti dell’eterno senza comprenderne il senso? Alcuni strumenti per intrappolare nello scibile questa immane vicenda dell’evolversi del tempo e dello spazio ci sono stati dati. Voglio parlare brevemente solo di alcuni: la linea, il colore e l’occhio.
La linea è una codice umano, non esiste in natura. Grazie ad essa però possiamo delimitare virtualmente lo spazio. Lo possiamo contenere al fine di una possibile traccia. Dargli forma, recintarlo, antropomorfizzarlo. La linea fissa razionalmente la percezione dello spazio. Lo fa dapprima imprigionandolo, poi reinterpretandolo in uno slancio di assoluto. È una causa ed un effetto: l’esigenza impellente dell’uomo di decifrare e nel contempo, dopo un percorso di astrazione, liberare il visibile, con il segno, travestendolo in pensiero. Dalla razionalità rinascimentale all’astrattismo, dal turbinio barocco al neoclassicismo, tutto si può fissare in una lotta interpretativa dello spazio, nel tentativo di contenerlo nella mente occlusa dell’uomo. Piero della Francesca e Canova insegnano.
Poi c’è il colore. Questo è la sintesi della luce e della materia. Cos’è l’universo se non luce e materia? L’uomo è una delle creature privilegiate. Può percepire il mondo sensibile a colori. Molte altre creature non sono attrezzate per vivere questa esperienza. Qual privilegio! La nostra vita come dono cromatico, come esperienza della luce che impastandosi con la materia, genere se stessa. Il colore è il timbro del tempo sulle stagioni, l’alfabeto del sensibile infinitamente vario e del percettibile alla mente limitatamente eterno. Il colore basterebbe a se stesso per una rappresentazione della realtà. Ma resterebbe eternamente solo, malinconico. Ma il colore può peccare di autoreferenzialità. Eccone le prove. La pittura materica dell’ultimo Tiziano, macchie di colore stese con le dita, El Greco con la placche cromatiche della sua espressività trasognante, Rubens e l’approssimazione della luce sviluppata con il colore. Sino ad arrivare agli impressionisti, Seruat e il divisionismo, sino a Mondrian, il blue di Yves Klein, Rothko e i suoi monocromi spirituali, tutto l’espressionismo zolloso e maniacale di Pollock, sino a “Le Gros” di Franz Kline con la sua linea di colore, tratto dell’individualità della pennellata, stigma del Novecento. L’esperienza cosmica del cromatismo, dei suoi elementi materia e luce, è avvincente.
Arriviamo all’ultimo compagno di merende: l’occhio. Senza di lui sarebbe la notte, una notte senza stelle. L’occhio é la finestra del pensiero. Solo grazie a questo, trova un senso l’arte Concettuale, quella Povera, Land Art e Minimal Art e il Melting Pot.
Tutto questo per affermare che l’universo è un’immensa opera d’arte, che con la linea, il colore e grazie l’intercessione dell’occhio, possono essere possedute in modo fittizio ma carnale. Ma l’uomo questo non lo capisce, condannato a sbranare senza conoscere l’essenza.
Cinque opere che rappresentano questo pensiero.
Una raffigurazione del cosmo, con la tangibile esperienza della linea e del colore: Vasilij Kandinskij, Ognissanti I, 1911
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Piero della Francesca e la linea: Flagellazione di Cristo
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Cattelan, il Dito. L’occhio viatico del pensiero.
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La solitudine dei punti e del colore: Study for ‘The Channel at Gravelines, Evening’ – Georges Seurat

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Tiziano, autoritratto, particolare. L’occhio, la luce e la ricerca della linea.
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Alla prossima.