michele casella

Diario minimo

Tag: luna

20 marzo 2023

Marc Chagall, Sposi nel vento.

Mi ha molto colpito la vicenda di questo uomo innamorato che al funerale della moglie, uccisa da un suo studente, nel pieno di una tragedia incomprensibile ed inaccettabile, inizia a danzare con lo spirito della sua donna, in una poetica solitudine. 

L’amore rende eterna ogni cosa.



Quando pensi di saper tutto dell’Amore o di conoscerne le costellazioni,
per un viaggio sereno, senza sorprese o impicci,
ecco la Vita che sprizza del blu, del viola e turchese,
e si nega alle parole e affossa le pretese.

Cerchi nelle cose che contano, i dettami del Vero,
ma nei capricci e nel “balzano”,
negli intrugli e nei pasticci dell’inatteso,
si occulta non il Vero, ma l’umano.

Davanti all’addio ecco che ballo, da solo,
col tuo fantasma dai capelli rame venati d’oro,
con le tue labbra socchiuse, la tua vita Altrove,
la tua Vita tinta di cobalto e di luna
 spezzata, muta e sorridente
 che lascia un manto di parole.

La tua assenza mi muove, il tuo sorriso commuove
e trafigge il me che resta,
il legno lucido e fermo,
conserva ciò che di te non è più;
quello che sei sempre stata
mi prende la mano, iniziamo il ballo,
iniziamo il passo, 
io da solo in questo mondo,
in due dove da sempre ci amiamo.

Sbattono di gioia e stupore,
i nostri amici, e l’insensato
sbigottimento del dolore,
di un morte che non ragione,
che non ha sentimento,
né dignità, né magione,
e si trasforma, li abbandona:
anche loro sono neve che galleggia
che si posa leggera, accarezzata non so più da cosa.

Anche loro, Amore mio dolcissimo,
fanno lo stesso, danzano
con i loro corpi stretti,
con parole soffuse, 
con lacrime copiosi nei gretti
degli occhi, con imprevista
gratitudine per l’amore rimasto,
che ci lega nel nostro ultimo,
leggero, giro di danza, qui dove c’è solo 
desolazione e la tua foto luminosa
sotto un cielo biancastro.

O falce di luna calante.

Dedicata alla luna di queste sere, ai miei ricordi, alla mia maestra che con ostinazione cercò di farci amare D’Annunzio.

O falce di luna calante
Dalle curve molli ed andate
Che in gioventù
fosti amante del Vate.
Ora ti affacci,
un po’ matrona
Da un cielo incerto e turchese,
Un po’ volgare
A contemplar la terra,
Il suo scader piccolo borghese,
La bruttezza, lo scialare smisurato,
Il ripetersi del suo lavoro
E della sua inutilità.
Mi ammicchi, ora,
Vestita di rosa,
Pastello e fumo,
E i nostri occhi,
tra l’antenna e il cavalcavia,
Si abbassano
di pudore e di vergogna.
Sono altrove,
col ricordo.
E non capisco
Da dove tanta attenzione,
Per te, per il tuo profilo
Per i nostri segreti.
Negli anni degli slanci
Foruncolosi e pulsanti,
Pensavo parlassi proprio a me.
Invece, da sempre,
Una silenziosa discrezione,
L’indifferenza per lo sputo.
Ora non importa:
La tua voce, cantata dai poeti,
da chi lo fa per mestiere,
É un coupon da consumare,
Una cosa di carta
Che fatico a considerare.
Mi basta vederti Luna,
Avvolta nel tuo silenzio e bellissima,
Ornata di disprezzo
Per il tuo pubblico
che tramonta degnamente,
Da sempre,
Senza difficoltà alcuna,
Senza curarsi più di te.
Non è ancora notte,
E già, per tutto, ti ho perdonato.

Per congedarmi, René Magritte, Il Maestro di scuola, 1955

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Le parole del Silenzio

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Questa notte me ne stavo nel mio giardino, per caso, sommerso dalla luna. All’improvviso un frastuono assordante … Il silenzio agreste imbevuto da qualche sparuto volo di zanzara. Sovrumano prima di tutto. E il silenzio parla delle sue cose, i rimpianti, dei sogni soffocati dall’afa. E sotto questo manto di luce lattiginosa le parole, tutte, come un flusso eterno, scorrono verso l’estuario dell’oblio. Le osservo come una scia che attraversa la mia testa, il tempo che mi rimane. Godo infinitamente del fatto che nulla mi si attacca, nulla mi bagna. Sotto questa luna, stasera, sono infinitamente libero.
Pittura “visionaria” inglese, Fussli, Il Silenzio.

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