Disnare malinconico

Non era ancora mezzogiorno e sono stato preso, oggi, da un angoscia strana. Inconsueta. Ho imparato a convivere teatralmente con questi stati d’animo indecifrabili, dissimulandoli sia a chi mi sta attorno che a me stesso. Visto l’orario avrei potuto pensare ad un attacco repentino di fame chimica, la chimica dello stress ovviamente… Ma la fame è un’emozione quasi dimenticata. Penso, in questi momenti, frequentemente a Cesare Pavese, ai suoi falò e alle sue lune, al suo soffrire da mestierante dell’esistere, da maniscalco raffinato del vivere. Mi dedico una sua poesia. Alla speranza e all’arte del sopravvivere ai gorgoglii, a noi stessi.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Pablo Picasso, titolo reinterpretato da me medesimo…“Riemergere di un viso morto”

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