michele casella

Diario minimo

Tag: resurrezione

Pasqua 2023

Venerdì Santo. Il vuoto spoglio e lugubre della navata della chiesa oggi mi suona nuovo. Mi penetra nel profondo. Il Triduo è sempre stato un evento che ha animato la mia bucolica infanzia. Un’epifania di segni incomprensibili che mi affascinavano. Sin da bambino sono stato educato alla fede cattolica. Una fede rustica e solida, con un senso del peccato forte e ben radicato, una presenza del sacro che non illuminava ma si spandeva come fa l’incenso denso nelle sacrestie. Da lì una ricerca continua, una sete vivida del Dio vivente.

Ma la mia vista si è affinata con gli anni, fermandosi sulle contraddizioni e non sui dettagli. Da quel momento un crescendo di vicoli ciechi, slanci feroci che si vestivano più da ideologia che di abbandono vero, cioè una fede fatta di una relazione che profumasse di Dio.

Alle contraddizioni ci si abitua. Poi oggi, il sabato Santo, non come gli altri, vivo una novità. Le campane che squillano senza esitazione ed accompagnano un risveglio. Ho cercato in terra ciò che stava in cielo. Ma Dio non lo ho ancora incontrato. A volte penso che si nasconda per accompagnarmi o studiarmi, altre volte che sia impegnato altrove, in qualche galassia lontana a ritentare la creazione di un’umanità che si fondi sul Vero e sul Buono, sull’Amore che tracima ed investe, riempiendola, la realtà. Dio si nasconde e non lo scorgo in alcunchè.

Oggi mi sono confessato. Lo faccio spesso, forse più per abitudine o dovere: non distinguo più la differenza.
Oggi mi sono confessato da un prete che è un amico, un fratello. Il suo abbraccio, le sue lacrime trattenute, la dolcezza delle sue parole sono state una rivelazione profonda. Se Dio si nasconde, un uomo di Dio mi ha abbracciato trattenendomi nell’Amore che ha vinto la morte ed effonde eternità. Oggi, qui, con la mia bambina ululante di gioia al canto del Preconio, Dio non lo vedo ancora, ma sono certo che è qui, tra gli sguardi illuminati, nella frenesia eccitata degli attori della liturgia, nei silenzi che ci consegnano ad un Amore immenso, donatoci per Grazia, un Amore disteso su una croce scandalosa, per essere universale. Non merito nulla, mi sento semplicemente amato, da sempre e per sempre. La mia Pasqua di resurrezione, oggi, mi ricolma di vita.

Ognissanti

Da troppo tempo non scrivo. Sono così: altalenante, tra entusiasmo e piattume, tra slanci e riflessione. Sono un uomo di pianura, in fondo, e sono impastato con quegli spazi in cui tutto si dilata quasi a perdersi e in cui il silenzio viene inglobato da colori tragici. Oggi Ognissanti. Giornata impostata nella tradizione. Colazione in famiglia, celebrazione eucaristica rocambolesca, pranzo sobrio ma abbondante e poi al cimitero. Cercando parcheggio alcuni flash del passato mi si sparpagliano davanti. Da bambino, con la contrizione simulata di chi non capisce nulla, andavo in questa giornata “dai morti”. Penso di non essere mai mancato. Anche da ribelle lo sguardo degli avi che attendevano la cortesia mi era insostenibile. Ed era sempre una giornata freddissima. Oggi invece, una primavera imbarazzante scaldava i volti della gente che sulla tomba dei cari si guardava attorno, ringraziando Dio di essere accaldata ed indolenzita in verticale che intirizzita in orizzontale. Anch’io con le mie bambine a far visita a persone che ora vivono nella Memoria. Mia nonna, Erina, nei cataloghi della vita passata, occupa uno spazio di riguardo. E lo fa da sempre con il suo stile. Silenziosa, come fu in vita, discreta, come la sera che morì tra le mie braccia. Il suo sguardo che si spegne fissandomi, con un sorriso indecifrabile, è un quadro che mi porto in tutte le stanze dell’esistenza che vado ad abitare. Ai tempi avevo vent’anni. Il 10 di agosto, dopo cena, dopo la nostra chiacchierata vespertina al tramonto tra il rombo dei trattori che tornano a casa e le zanzare, è partita, appena giunta in camera. È morta tra i suoi ricordi, i suoi monili, le sue foto in posa, la “petteniera”, i santi colorati delle stampe un po’ kitch di moda negli anni settanta, quando ancora giovane si vestì per sempre da vedova. Mi ha lasciato quel sorriso. Dove lo abbia scovato, con tanta perizia, quel gioiello di santità, quella visione mistica, rimane un suo segreto. Rivedendo oggi la sua foto, serena ed austera come le aveva insegnato la sua vita contadina, ho nuovamente assaporato la grandezza di quella donna mite, eternamente sola, imbrigliata in un ruolo che ha dovuto sposare con l’uomo che ha amato, morto giovane per la guerra e la patria. Il suo sorriso forse è stato uno slancio di liberazione o forse in quell’attimo, ha intravisto tra i santi il suo Vittorio, giovane e roboante, che la aspettava, per concludere il film iniziato e per fare “all’amore” per tutta l’eternità. Oggi spiegando alle mie bambine chi fosse la “vecchietta” in foto, Miriam mi ha chiesto:”ma ora è in cielo?”. “Si amore mio, è in cielo con tutte le persone che ha amato”. “Allora vola?”. Si cucciola, ora vola, per sempre, eternamente felice.

Marc Chagall, Resurrezione

IMG_3059.JPG