Ognissanti
di michelecasella
Da troppo tempo non scrivo. Sono così: altalenante, tra entusiasmo e piattume, tra slanci e riflessione. Sono un uomo di pianura, in fondo, e sono impastato con quegli spazi in cui tutto si dilata quasi a perdersi e in cui il silenzio viene inglobato da colori tragici. Oggi Ognissanti. Giornata impostata nella tradizione. Colazione in famiglia, celebrazione eucaristica rocambolesca, pranzo sobrio ma abbondante e poi al cimitero. Cercando parcheggio alcuni flash del passato mi si sparpagliano davanti. Da bambino, con la contrizione simulata di chi non capisce nulla, andavo in questa giornata “dai morti”. Penso di non essere mai mancato. Anche da ribelle lo sguardo degli avi che attendevano la cortesia mi era insostenibile. Ed era sempre una giornata freddissima. Oggi invece, una primavera imbarazzante scaldava i volti della gente che sulla tomba dei cari si guardava attorno, ringraziando Dio di essere accaldata ed indolenzita in verticale che intirizzita in orizzontale. Anch’io con le mie bambine a far visita a persone che ora vivono nella Memoria. Mia nonna, Erina, nei cataloghi della vita passata, occupa uno spazio di riguardo. E lo fa da sempre con il suo stile. Silenziosa, come fu in vita, discreta, come la sera che morì tra le mie braccia. Il suo sguardo che si spegne fissandomi, con un sorriso indecifrabile, è un quadro che mi porto in tutte le stanze dell’esistenza che vado ad abitare. Ai tempi avevo vent’anni. Il 10 di agosto, dopo cena, dopo la nostra chiacchierata vespertina al tramonto tra il rombo dei trattori che tornano a casa e le zanzare, è partita, appena giunta in camera. È morta tra i suoi ricordi, i suoi monili, le sue foto in posa, la “petteniera”, i santi colorati delle stampe un po’ kitch di moda negli anni settanta, quando ancora giovane si vestì per sempre da vedova. Mi ha lasciato quel sorriso. Dove lo abbia scovato, con tanta perizia, quel gioiello di santità, quella visione mistica, rimane un suo segreto. Rivedendo oggi la sua foto, serena ed austera come le aveva insegnato la sua vita contadina, ho nuovamente assaporato la grandezza di quella donna mite, eternamente sola, imbrigliata in un ruolo che ha dovuto sposare con l’uomo che ha amato, morto giovane per la guerra e la patria. Il suo sorriso forse è stato uno slancio di liberazione o forse in quell’attimo, ha intravisto tra i santi il suo Vittorio, giovane e roboante, che la aspettava, per concludere il film iniziato e per fare “all’amore” per tutta l’eternità. Oggi spiegando alle mie bambine chi fosse la “vecchietta” in foto, Miriam mi ha chiesto:”ma ora è in cielo?”. “Si amore mio, è in cielo con tutte le persone che ha amato”. “Allora vola?”. Si cucciola, ora vola, per sempre, eternamente felice.
Marc Chagall, Resurrezione