Horror Vacui
di michelecasella
Horror vacui, la parola e i suoi eccessi.
A volte non si ha nulla da dire. Come ora. Tutti, per tutta una serie di coincidenze terrene e congiunzioni astrali, a dirmi ” ma dì qualcosa…!”. A volte invece è sano tacere, meglio, appurare che non è il caso di dire nulla. Il silenzio o la facezia del più e del meno, della parola apparentemente inopportuna ma stemperante, che in realtà fa da parenchima, anzi, da maionese di quell’enorme insalata russa che sono le relazioni, è la via della saggezza troppo sottovalutata. L’aver nulla da dire è un atto di fiducia verso “ignoti”, rispetto il mondo del logos, con le sue strategie e le sue performance. Largo al pensiero altrui, alla disponibilità calmierata, al buon gusto più che al buon senso. E se si inciampa in qualche madornale boiata, bene… Il refrigerio che dona l’ombra sottoboschiva del silenzio sarà ancora più tonificante. È così, perché nessuno lo dirà mai, ma il non detto è meglio di tanti detti. Il non avere soluzioni a portata di mano, ma un salubre ed inutile “nulla da dire” è un’occasione data alla creatività e all’inatteso. Siamo sempre presi dalle frasi ad effetto, dalla parola che cambia la vita propria e di chi sta intorno. Queste sono cose da sceneggiatori o da saggi orientali scampati allo sterminio cinese o al progresso. Il flusso del tempo è fatto da silenzi oceanici, da non parole, da assoluti interiori che lasciano spazio all’eco. Oggi sono così, galleggiante nel silenzio, il pensiero spoglio come una facciata romanico-lombarda. Oggi non sono gotico, oggi ho tempo, oggi voglio stare spento.
Il non detto, Yves Klein, il blu assoluto.