Contro una società di somari
La politica non c’entra. Nulla assolutamente. Ora che il decreto Gelmini è passato al Senato posso, alla luce della mia coscienza e della convenienza, esporre un pensiero sulla spinosa questione della riforma della scuola italiana. Ma prima d’iniziare ribadisco con forza che la politica non c’entra, la questione forse è servita per riattizzare la querelle politica. Ma con questo scritto la politica dei partiti non ha nulla a che vedere.
La riforma prevede il famigerato maestro unico. Una figura romantica sicuramente. Molti di noi hanno iniziato la loro carriera scolastica con questa figura che spesso incarnava più il pedagogo di stampo attico ( il maestro di vita ) che il semplice docente. Sicuramente per molti la figura del maestro unico è stata tra le più significative della propria esistenza. Mel mio caso la mia maestra fu il primo amore. Quindi nessuna opposizione aprioristica alla riforma. Poi leggendo attentamente il decreto ci si accorge che le classi non potranno avere una composizione inferiore ai 25 studenti. Cioè 25 alunni minimo ed un solo maestro? Poi addirittura meno ore per ogni maestro … Si insinua il dubbio che la scelta del maestro unico non sia stata mossa da istanze educative, ma da necessità di bilancio. Che tutto il decreto sia un’operazione di alleggerimento delle spese. Questo a discapito di chi? Ovviamente dei più deboli, cioè i bambini. È inconcepibile immaginare una classe con magari una trentina di bambini, considerando quanto sono svegli i bambini oggi, di varie nazionalità e quindi con una padronanza linguistica diversificata, con un solo maestro. Il maestro diverrebbe un presidio disarmato che si oppone alla complessità sociale, alle difficoltà di integrazione, che tenta di arginare la fragilità di cui i nostri piccoli, oggi, sono invasi. Questo modello rischia di diventare un’esperienza che brevemente porterà ad una scuola incapace di formare alla vita. Non per demerito degli insegnanti, a cui va tutta la mia personale stima, ma per l’impossibilità che si viene a creare per decreto legge ( sa tanto di decreto regio …) di accompagnare e di seguire in modo individualizzato il bambino. Arriveremo ad una scuola che riuscirà a formare quei bambini con una marcia in più, quei piccoli con delle famiglie che possono dedicarsi massicciamente alla formazione intellettuale ed umana dei propri figli. Lo so! Tutte le famiglie lo dovrebbero fare ma sappiamo bene che in realtà le famiglie spesso hanno delle difficoltà a stare in piedi e ad affrontare il quotidiano. Tranne le famiglie ricche che si avvalgono delle scuole a pagamento, di straordinaria qualità. Una scuola dunque che consegnerà alla società dei bambini pronti ad intraprendere la splendida avventura della crescita, ed altri invece che avranno accumulato molti fallimenti, la consapevolezza di non farcela, di non essere all’altezza. Di essere dei somari. La scuola che dovrebbe essere l’esperienza dell’inclusione diventa così la fabbrica dell’esclusione. Sarebbe stato utile al ministro Gelmini passare qualche giorno con i bambini che pagano di persona, e non per responsabilità propria, l’essere nati in una famiglia con delle difficoltà, e quindi di avere bisogno di maggiore cura per poter fiorire. E vi garantisco che sono energie ben spese. Se ci rassegniamo al fatto che chi nasce in una famiglia senza grandi mezzi debba stagnare nella problematicità oppure che chi ha delle difficoltà relazionali, pur avendo delle potenzialità, debba essere estromesso e non inquadrato nel sistema scolastico, soffochiamo alle radici il progresso della nostra civiltà. Cito l’esempio di Albert Einstein, scolasticamente incompreso a causa di un sistema scolastico rigido, poi diventato l’uomo che conosciamo ( http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Einstein ). La scuola va riformata non perché non ci sono più soldi, ma perché bisogna mettere nelle migliori condizioni il bambino al fine di farlo diventare un adulto felice. I bambini che non staranno al passo, i bambini che verranno esclusi, tra un quindicina d’anni presenteranno il conto alla società e sarà anche allora un costo per noi tutti, oltre a tutto il bagaglio di frustrazione che si porteranno addosso.
Se vogliamo risparmiare possiamo partire dalla riduzione del numero di parlamentari e dal taglio dei loro stipendi. I nostri parlamentari sono tra i più pagati e sicuramente tra i meno capaci, scolasticamente parlando. Alla fine può interessare a questo signore che ci rappresenta la formazione globale del bambino? Peccato che il parlamento sia a numero chiuso e non possa accogliere tutti i somari che questa scuola sfornerà con questa riforma. Ma anche in questo caso la politica non c’entra e soprattutto non ha fatto centro.
Sui brillanti risultati scolastici dei nostri rappresentanti provare per credere.