Sarai sempre il mio cancro
di michelecasella
Da giorni è comparsa a Pellegrina una scritta, un graffito spray su un muro,oramai eroso dal tempo a dall’incuria. Una delle tante scritte, più o meno stupide, che sembrano essere partorite da chi ha bisogno di sputare la propria frustrazione, la paura di crescere o semplicemente la maleducazione. Ma questa scritta no. Per me , umile frequentatore della poesia , il graffito che imbratta questi calcinacci squallidi, è un grido d’amore. Uno dei tanti nella quotidianità della nostra frazione, un tunnel evocativo che ci porta dalla frazione al tutto. Sarai sempre il mio cancro.
La scritta sui muri di Pellegrina |
Una frase straordinaria nel suo non senso ed anche nella sua forza. Sono d’accordo con i detrattori: potrebbe essere un rigurgito della ragione sotto gli effetti dell’alcol, il grezzo bisogno di attenzione o un mal riuscito esperimento di graffito satirico-oncologico. Ma al di la delle intenzioni, voglio esternare l’emozione che questo epigramma d’amore nella nostra Pellegrina scatena in me, ogni volta, e sono tante, che transito per via Camozzini. Immaginiamo questa scena: una coppia giovane. Lui un ragazzo semplice magari silenzioso, che ha i suoi amici. Magari a volte si sente estraneo nella sua compagnia. Cerca dei segnali che lo possano far andare lontano, con la mente. Ma ogni mattina si sveglia nello stesso letto, lo stesso lavoro. Lo stesso bar e gli stessi amici. La rassegnazione stava minando la sua giovinezza, il suo slancio vitale. Ecco conosce lei. Una ragazza piena di vita. Una tipa capace di riempire solo con la presenza un ambiente, capace di ricondurre alla vita eccitata e frizzante dei vent’anni anche i tempi morti che si accavallano nella Frazione. I due si incontrano da tanto tempo, sono della stessa compagnia, abitano nello stesso paese. Magari hanno frequentato la stessa scuola, il catechismo insieme. Si sono frequentati da sempre, crescendo, da perfetti sconosciuti. Poi la compagnia, lo stare insieme, lo scherzare, il fumare con gli altri, con una birra in mano. La normalità. Una sera, l’allegria etilica, uno sguardo, un pensiero stupendo, non sono più sconosciuti. Cominciano a guardarsi negli occhi. Si frequentano per conoscersi. Si innamorano, lentamente, con prudenza. Ci sono state altre storie, sì, è vero. Ma ora è diverso. Scoprono che quella quotidianità stantia che li ha avvolti per anni, si sta dipanando. Per entrambi il risveglio ha un altro rumore, il lavoro è solo tempo che divide dall’altro. Cominciano ad amarsi. Un amore non come gli altri. Un amore forte, profondo. Uno di quelli che prendono lo stomaco.
Il tempo passa e gonfia i giorno del bello e dell’inutile, si affacciano nella storia dei due pensieri sconosciuti. Sempre lì tra il bar ed altrove. L’amore è un’opera sempre in costruzione. Lo stanno capendo ed hanno paura. La speranza di lei non riesce a convivere con la paura stessa. Neppure lui ce la fa, ma lo sostiene l’incoscienza, il gioire in anticipo come se ci fosse una malattia, che lentamente mangia dentro. E si può solo gioire, vivere con imprudenza, perché non c’è tempo. La sensazione che la paura oramai vincerà è forte e soprattutto Lei non lo sopporta. La paura è di cattiva compagnia. Si lasciano: Lei per paura perché non ha mai imparato a soffrire, lui per salvaguardare il proprio orgoglio senza ragione. Dopo il volo straordinario dei mesi in cui sono stati uno, torna tutto come prima, tranne la malattia di Lui. Infatti una malattia rimane invece i postumi della paura, del chiamare amore senza spiegarsi il perché, la fuga dall’errore, sono come macerie. Vengono sgombrate e poi si ricostruisce, magari una palazzina modesta, senza pretese, ma solida. La malattia ha lasciato il suo vuoto, il suo cancro, la metastasi che prima era dolcezza, respiri vicini, fughe, pomeriggi caldi sul divano.
Sarai sempre il mio cancro. L’ultimo atto d’amore di chi ora soffre i postumi di una malattia per cui nulla potrà tornare come prima. A questi due amici dedico una canzone. Buona fortuna e alla prossima.
Ivano Fossati – C’è tempo