27 gennaio 2023
di michelecasella
Oggi mi sono ritrovato nel solito ingorgo nel traffico. Quando accade due sentimenti si avventano su di me: la rabbia del rallentamento e dall’altra parte la gioia atipica che mi viene dal poter osservare la gente nelle proprie auto.
L’auto diventa una specie di stanza segreta, nella quale ci si dimentica di non essere completamente soli; nel traffico possiamo pensare ad uno stato di autonomia, di solitudine momentanea, ma ci inganniamo. Il mattino, nella propria auto, siamo in vetrina: il mondo ci vede ma noi pensiamo di essere invisibili.
Per questo ho pensato di riportare il mio diario su un blog aperto anni fa su cui scrissi pensieri disordinati ed inutili. È oramai desolato e non frequentato neppure da me. L’idea mi stuzzica. Nascondere nel luogo più visitato ed abitato del pianeta le mie parole fissate con l’atteggiamento di chi in macchina pensa e si perde senza accorgersi di essere visto. Questa mattina una signora giovane con un cappello che mi ricordava Truffaut stava parlando, penso da sola, con animosità gesticolando con l’interlocutore materializzato nella sua immaginazione, tra la plancia e il sedile. Un ragazzo stava fumando una sigaretta con lo sguardo vissuto di chi pensa di aver già visto tutto della vita. Un artigiano sul suo furgone macinava un panino con la soddisfazione di un coyote. Un signore distinto osservava l’abitacolo immacolato godendo del suo status sociale, mentre il figlio, immagino, a lato si scaccolava come se non ci fosse un domani. Umanità fissata in una vetrina, come delle bambole di porcellana immobilizzate in un momento esatto della loro esistenza. Un lampo di umanità nel fragore del traffico mattutino. Così le mie parole le immagino come delle lettere mandate la mondo senza un destinatario. L’ostinazione della Dickinson a scrivere per il solo amore della scrittura mi sia compagno in questo viaggio. Spero solo di averne la costanza. E l’incoscienza.