michele casella

Diario minimo

Categoria: #racconti

Jazz e salsiccia

Capita che ogni tanto si venga travolti da una serata piacevole, perché non catalogabile. Una serata da cui non ti attendi nulla e godi di ogni rivolo di sanguigna leggerezza, che spesso si concentra nei bicchieri lubrificati dal vino. Come questa sera. Simposio casereccio, con concorso gastronomico in salsa jazz. Bello. Tante facce sorridenti, con sincerità o finzione che viene dal buon cuore o dalla buona educazione. Ma il jazz… Con il suo febbricitante battito stridulo. Jazz e risotto, cornetta e salsiccia. Ci sono livelli alti e bassi in ogni cosa: nella letteratura, nella musica, nel teatro. Non si tratta di qualità ma di tonalità, di atmosfere. Tutte portano un carico di suggestioni. Manzoni o Garcia Marquez, Cervantes o Leopardi, Fitzgerald o Joyce …? Tutto, ma con vini diversi. E con il jazz, in questa cena da inizio millennio, che consorzia una brigata di umanità varia. Il jazz, acre come la cipolla sulla quale si stende la carne e si sublima il maiale. Il jazz pastoso, come il riso mantecato, gaudente e spossato nel grana padano. Il jazz speziato come la cannella, che pizzica e ti scarica nella lingua un eco africano. Trascinante come l’invenzione e l’improvvisazione, come il pesto del suino che riconduce tutto a sé. Il jazz acuto come i profumi spessi e corposi della cucina veneta. Profumato come il Valpolicella, delicato come il Soave, robusto come il Recioto, frizzante come un prosecco gelato.
Il jazz è vivo, come il maiale, come il riso, come le ruvidità del sangue, dell’ebbrezza, dell’eccesso. A questa serata e alla fantastica orchestra Gabriele Bolcato Quartet, un’opera dal sapore forte, come la salsiccia che fa l’amore con il riso.
Giancarlo Cazzaniga, Suonatori di Jazz

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novità nella sezione famiglia

Ho pubblicato un video che riguarda la mia famiglia e il progetto che mi ha “accolto”. Per ulteriori informazioni vi consiglio un sito: http://www.apg23.org.
Per chiarimenti scrivetemi. Ciao

Tristezza

Oggi parliamo della tristezza. Lo facciamo non perché da tempo piove a dirotto, il cielo è grigio (plumbeo per i letterati nostalgici), ma perché si sono concentrate tante cattive idee sulla tristezza, sulla tristezza di cui vi voglio parlare. Certo, oggi mi assumo l’onere di portare su questa pagina web l’elogio della tristezza, l’encomio al sentimento che più di ogni altro ci fa navigare, come naufraghi tra la malinconia e la poesia, tra l’orribile e il sublime. Inizio con un affermazione che ha il sapore dell’assoluto. La tristezza è l’anticamera spoglia dell’introspezione, quella vera, quella che fa ribaltare le pupille e ci fa vedere l’universo che custodiamo dentro, anzi che spesso trascuriamo volutamente per crearci l’angolo dei nascondigli, la casetta sull’albero, la zona invalicabile del nostro pensiero. L’ordine è per la serenità, per la gioia c’è lo scatto e la frenesia, per la tristezza esiste il caos, calmo, soporifero, pieno di particolari.
E se fosse qui la tristezza, ora io sarei felice. Non confondetemi e non confondetevi. La tristezza che miseramente sto tratteggiando con le parole, è una dimensione di elevazione, di trasmigrazione tra il piatto e l’acuto, tra lo scontato e l’inatteso. Detto questo stendo un breve decalogo non per i tristi ma per i cultori della tristezza. Un decalogo che certifica la vera tristezza dalle contraffazioni.
La tristezza va goduta da soli, quindi non va spiegata e condivisa.
La tristezza sopravvive grazie alla pioggia. È una creatura d’acqua. È un fatto naturale che non si può spiegare. Lo si può solo accettare.
La tristezza è un momento di poesia che ci strappa dall’ordinario, ci deve condurre ad uno stato di piacevole rassegnazione ed immobilità, ad un rilassamento dell’anima nell’incantevole.
La tristezza può far piangere ma mai disperare.
La tristezza ti fa un po’ morire ma per poi farti vivere: è una rigenerazione.
La tristezza è l’ancella che accompagna alla liberazione dalle zavorre dell’organizzazione.
La tristezza è un vento che fa freddo, ma ridesta, rilancia, fa venir la pelle d’oca, ma nell’intimo emoziona.
La tristezza non si programma, arriva da sola, come l’ispirazione.
La tristezza è una malattia lenta che non porta alla morte. Conduce ad uno stato di verità e schiettezza con il proprio io. La tristezza fa del male nella misura in cui siamo lontani da noi stessi, dai nostri sogni e dal nostro io, quello vero, quello grande che vuole volare in alto.
La tristezza ha una voce roca, che si distingue, che si fissa nella mente, che fa calare il buio su quello che non conta e ti fa restare in piedi a guardare senza spiegazioni.
A tutti gli amici tristemente felici e fieri dedico, per questa volta, una canzone: una breve ma grande canzoni di Ornella Vanoni. A presto
Ornella Vanoni – Tristezza 
 

L’eclissi del padre

Mi sto chiedendo in questo periodo se è possibile, facendo un po’ di autocritica e senza demagogia, capire se può essere individuato un comune denominatore per giustificare il generale disorientamento di tutti, che spesso trova conferma nei fatti di cronaca gravi, nei fenomeni rampanti e nello sbrodolare dei media. Un grande protagonista assente nelle varie emersioni del disagio, a mio avviso, è il padre. Qualcuno può credere che questa affermazione sia troppo generica, sommaria. Penso proprio di no. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito lentamente ad un fenomeno, inesorabile e continuo. Siamo stati testimoni dell’eclisse del padre come figura sociale. Questa forse è la conseguenza alla strenua opposizione ad un modello sociale statico, obsoleto. Forse perché i padri hanno pensato che occuparsi di altro fosse più redditizio. Non lo so. Comunque la specie dei padri, dei papà è minacciata. Sono pochi gli uomini che hanno chiaro il mestiere del padre. O meglio, visto che nessuno ha la verità in tasca di come si faccia bene il padre, sono pochi quelli che hanno il coraggio di farlo sino in fondo con il rischio di sbagliare. Ma tutti sappiamo che chi fa sbaglia, chi non fa scompare. Posso sembrare apocalittico. Vi descrivo la mia personale visione dell’essere padre nella società ( di oggi e di sempre ). Magari sto delirando. Ma meglio sempre conservare il dubbio – lo dico a voi – che qualcosa di vero possa esserci. Prima di iniziare questo ritratto del padre voglio precisare alcune cose. Mi permetto di fare certe affermazioni perché sono un figlio, e porto in me gli errori e le prodezze educative di mio padre, e perché sono un padre, a sua volta in prima linea tra errore e coraggio nell’interpretare un ruolo spesso stereotipato, con dei registi inascoltati. E poi, per concludere la mia arringa difensiva delle intenzioni, vivo tutti i giorni con persone che subiscono gli effetti di questa eclissi. E spesso un’assenza è più devastante di una cattiva presenza. Iniziamo. Innanzi tutto il padre è la figura dei NO, quello che quando è il momento deve assumersi la responsabilità dei no. Ma dire NO è semplice, resistere con delle argomentazioni consistenti alle domande e alle rivendicazioni che i NO partoriscono, questo distingue il PADRE dal “PAPI”. Facciamo un po’ di autocritica. Quanto ci costa dire no, quanto più semplice è invece assecondare, sorridere, dispensare consenso. I NO fanno crescere, pongono e maturano il senso del limite, fanno toccare con mano che c’è una linea che divide il giusto e il sbagliato. Questa linea viene tracciata nei padri quando loro stessi erano figli. Capite che il processo di estinzione del padre senza un po’ di coraggio diventa irreversibile, perché se a un figlio è mancato un buon padre difficilmente lui stesso lo sarà. Proseguiamo nel nostro ritratto. Il padre è il custode del SILENZIO. Ricordo bene i silenzi del mio, quando facevo qualcosa di storto, o reagivo alla sua figura ingombrante con la rabbia dell’adolescenza. Ricordo bene le sue urla di rimprovero. ma i suoi silenzi nei momenti in cui la mia debolezza poteva venir spazzata via dalla sua furia, i suoi silenzi in quei momenti, i suoi silenzi pieni di amore li ricordo bene. Nessuno fa più silenzio, tutti parlano, straparlano, inveiscono. Nessuno ci dice più con fermezza ”ma sta’ zitto un attimo”. Per molti cultori del dialogo ad ogni costo, questa affermazione potrà sembrare la sintesi di ciò che mai si dovrebbe dire e fare. In una rete di relazioni d’amore un invito al silenzio va sicuramente colto. È un invito a guardarsi dentro, a fare quattro conti con la coscienza. Per questo mi sento di affermare, giocando con le parole, che il padre è il padrino della coscienza. Ora passiamo ad un altro dono essenziale di un padre che quotidianamente tenta d’essere, con ogni mezzo possibile, un educatore concreto e senza finzioni. Sto parlando dei CENTIMETRI. Mi spiego. Spesso, da giovani, ma anche da adulti, veniamo illusi. Sì, proprio così. Anzi, peggio ancora: ci illudiamo a vicenda, “ci fottiamo allegramente” come dice quel poeta di Vasco. Facciamo voli pindarici, perdiamo contatto con la terra, vestiamo qualcosa che non siamo. Come dicono i ragazzi trippiamo ( neologismo derivante da trip – viaggio – e non trippa ndr ). Sono i padri che ci riportano a terra, ci smontano, senza esasperare. Ci infondono invece la prudenza e la forza di lottare per conquistare i centimetri. E la somma dei centimetri , in una vita, ci rende dei vincenti. Chi ha perso nella vita ha sempre aspettato il volo giusto e a dimenticato di lottare per i centimetri. In una squadra, una famiglia, una società, ognuno conquistando i centimetri che deve conquistare, garantisce per sé e per gli altri il bene, l’agio, la vittoria. Si potrebbero dire tante cose, fare innumerevoli osservazioni. Ma il padre porta in sé e rimanda ai figli la misura, anzi la GIUSTA MISURA. Per questo e per il mio status di padre, chiudi qui. Faccio una proposta:perché non organizzare un corso, anzi un training, con un coach per padri. Ma chi sarebbe il maestro? Quali credenziali dovrebbe mostrare per garantirsi competenza e credibilità. 
Mah? Domande che non troveranno risposta. Vi lascio con un discorso memorabile di Al Pacino in un film di qualche anno fa ”Ogni maledetta domenica”. Alla prossima.
Ogni maledetta domenica 
 

Sarai sempre il mio cancro

Da giorni è comparsa a Pellegrina una scritta, un graffito spray su un muro,oramai eroso dal tempo a dall’incuria. Una delle tante scritte, più o meno stupide, che sembrano essere partorite da chi ha bisogno di sputare la propria frustrazione, la paura di crescere o semplicemente la maleducazione. Ma questa scritta no. Per me , umile frequentatore della poesia , il graffito che imbratta questi calcinacci squallidi, è un grido d’amore. Uno dei tanti nella quotidianità della nostra frazione, un tunnel evocativo che ci porta dalla frazione al tutto. Sarai sempre il mio cancro
La scritta sui muri di Pellegrina
Una frase straordinaria nel suo non senso ed anche nella sua forza. Sono d’accordo con i detrattori: potrebbe essere un rigurgito della ragione sotto gli effetti dell’alcol, il grezzo bisogno di attenzione o un mal riuscito esperimento di graffito satirico-oncologico. Ma al di la delle intenzioni, voglio esternare l’emozione che questo epigramma d’amore nella nostra Pellegrina scatena in me, ogni volta, e sono tante, che transito per via Camozzini. Immaginiamo questa scena: una coppia giovane. Lui un ragazzo semplice magari silenzioso, che ha i suoi amici. Magari a volte si sente estraneo nella sua compagnia. Cerca dei segnali che lo possano far andare lontano, con la mente. Ma ogni mattina si sveglia nello stesso letto, lo stesso lavoro. Lo stesso bar e gli stessi amici. La rassegnazione stava minando la sua giovinezza, il suo slancio vitale. Ecco conosce lei. Una ragazza piena di vita. Una tipa capace di riempire solo con la presenza un ambiente, capace di ricondurre alla vita eccitata e frizzante dei vent’anni anche i tempi morti che si accavallano nella Frazione. I due si incontrano da tanto tempo, sono della stessa compagnia, abitano nello stesso paese. Magari hanno frequentato la stessa scuola, il catechismo insieme. Si sono frequentati da sempre, crescendo, da perfetti sconosciuti. Poi la compagnia, lo stare insieme, lo scherzare, il fumare con gli altri, con una birra in mano. La normalità. Una sera, l’allegria etilica, uno sguardo, un pensiero stupendo, non sono più sconosciuti. Cominciano a guardarsi negli occhi. Si frequentano per conoscersi. Si innamorano, lentamente, con prudenza. Ci sono state altre storie, sì, è vero. Ma ora è diverso. Scoprono che quella quotidianità stantia che li ha avvolti per anni, si sta dipanando. Per entrambi il risveglio ha un altro rumore, il lavoro è solo tempo che divide dall’altro. Cominciano ad amarsi. Un amore non come gli altri. Un amore forte, profondo. Uno di quelli che prendono lo stomaco.
Il tempo passa e gonfia i giorno del bello e dell’inutile, si affacciano nella storia dei due pensieri sconosciuti. Sempre lì tra il bar ed altrove. L’amore è un’opera sempre in costruzione. Lo stanno capendo ed hanno paura. La speranza di lei non riesce a convivere con la paura stessa. Neppure lui ce la fa, ma lo sostiene l’incoscienza, il gioire in anticipo come se ci fosse una malattia, che lentamente mangia dentro. E si può solo gioire, vivere con imprudenza, perché non c’è tempo. La sensazione che la paura oramai vincerà è forte e soprattutto Lei non lo sopporta. La paura è di cattiva compagnia. Si lasciano: Lei per paura perché non ha mai imparato a soffrire, lui per salvaguardare il proprio orgoglio senza ragione. Dopo il volo straordinario dei mesi in cui sono stati uno, torna tutto come prima, tranne la malattia di Lui. Infatti una malattia rimane invece i postumi della paura, del chiamare amore senza spiegarsi il perché, la fuga dall’errore, sono come macerie. Vengono sgombrate e poi si ricostruisce, magari una palazzina modesta, senza pretese, ma solida. La malattia ha lasciato il suo vuoto, il suo cancro, la metastasi che prima era dolcezza, respiri vicini, fughe, pomeriggi caldi sul divano. 
Sarai sempre il mio cancro. L’ultimo atto d’amore di chi ora soffre i postumi di una malattia per cui nulla potrà tornare come prima. A questi due amici dedico una canzone. Buona fortuna e alla prossima.
 Ivano Fossati – C’è tempo

 

Benvenuti !

Ciao a tutti,tra qualche giorno sarà disponibile il mio blog completo di tutti i contenuti…resta sintonizzato 😉