michele casella

Diario minimo

Salvini e la barbara verità.

Sono due le cose che posso dire con assoluta certezza in politica. Non sono mai stato leghista e berlusconiano. Comunista da giovane, in fondo tutti quelli che non avevano successo con le ragazze lo erano, democristiano in divenire. Fatta la premessa arrivo al dunque. Il discorso di Renzi in Europa è stato un esempio assoluto del nulla retorico. La luna di miele sta finendo rovinosamente ( le tasse condite dalla ripresa tardiva faranno precipitare gli Italiani verso la realtà ) e il timore è che stiano finendo le azioni di prestigio che hanno fatto innamorare il popolo italiano del Magnifico. Spero ovviamente di venire smentito dalla storia e dai fatti. Gufare non piace a nessuno. Purtroppo, da Renziano della prima ora, quando esserlo significava essere perdenti, ora pentito, non posso che riconoscere che la discontinuità con il governo Letta e Monti non c’è, gli ottanta euro sono stati un abile manovra elettorale che verrà cancellata dalle nuove tasse sui servizi ( TASI in primis ). A tal proposito TASI in dialetto veneto è l’imperativo del verbo tacere, traduce il “TACI!”. Una triste coincidenza. Evoca frasi del substrato leghista del tipo “tasi e paga mona ….” Ricorsi storici di un celodurismo duro a morire. Cosa c’entra Salvini. Il suo intervento, dopo il discorso del buon Matteo, è stato lineare, chiaro, inappuntabile su tutte le questioni. Anche per quelle più barbare, come l’operazione “mare nostrum”, che sta mettendo ulteriormente in pericolo la vita dei disgraziati che tentano la traversata. Non condivido la posizione leghista ma non posso che cedere alla ragion pura seconda la quale il leghista detenga un minimo di ragione. L’Europa è una somma di egoismi e non vuole assolutamente condividere il peso dell’accoglienza di questi disperati che fuggono. L’Europa continua nel suo rigore ragionieristico, confermando il fatto che non è più un consorzio di popoli ma una struttura in mano alle banche. Le pance degli Italiani si svuotano lasciando l’eco alla dialettica impietosa del leghista Salvini, che con barbara ragione demolisce l’ottimismo oramai inconsistente di Renzi. È finito il miele, ora tocca il fiele. Poi, alla luce degli interventi innescati dalle dichiarazioni di Renzi, l’idea che sia possibile cambiare l’Europa da dentro, onestamente pare una bischerata pazzesca. Cosa c’entra tutto questo ora, dopo una calda domenica oziosa e famigliare? Niente.  Ma di fatto scrivo per me e quindi…

Meriggiare pallido e assorto, ovvero assenze volontarie

Penso capiti anche ad altri, ma spesso sento in modo sensibile un distacco tra il mondo esteriore e quello interiore. Una specie di dissociazione che presumo essere il preludio allo svelarsi della mia natura psicolabile ed istrionica. Non mi reca disagio tutto ciò, semplicemente un senso di vuoto da riempire. La stessa sensazione che si prova scendendo precipitosamente da uno scivolo ripido. É una parentesi veloce, poi subentra profumatamente un agio indescrivibile, paragonabile all’emozione che provo quando mi arabesco la mente di parole e situazioni improbabili, di congetture che altrove potrebbero essere lette come poesia o delirio letterario. Una pace che nasce dalla compattezza e dalla solidità che vive dell’accontentarsi. Robustezza e distacco, le mie due vive di fuga. Scollegamento tra vita e interiorità, così nettamente separate da potermi permettere il lusso dello spettatore pagante che può sbadigliare anche davanti al dramma dell’esistenza, non la mia, per fortuna, felicemente anonima e serena. I demoni del progresso mi invitano a svoltare, a scompormi, a prendere una posizione netta, irriducibile, a macchiarmi della rovina del tempo e dell’affanno. Ma il male di vivere non mi appartiene, troppo alto per la mia ordinarietà. Hanno ragione però i saggi, dovrei visitarlo; non ne ho voglia. Desidero solo bearmi del meriggio caldo nel mio letto fresco e sfatto, aspettando sera, lavorando il giusto, fumando con moderata adorazione un sigaro stagionato e pensando alla cena. Nichilismo, esistenzialismo di provincia, non so…? Con questo piccolo stratagemma, la decadenza del mondo mi passa attorno senza sconvolgimenti, come un intervallo malriuscito di un’opera che vale per lo meno il biglietto. La decadenza, la scenografia costante alle gesta della nostra storia attuale, senza speranza e slanci, un po’ cafona, ridicola come un cieco conducente, è il palco migliore per riprendere il volo. Alla fine la morte arriverà, mi troverà in ritardo, ma avrà gli occhi chiusi e la bonaria pazienza di una madre oramai stanca ed anziana.

Del crocefisso e di altri orpelli di un’Europa che non c’è più.

In queste settimane ovunque infuria la battaglia dei crocifissi. Prima il nostro presidente della provincia di Verona crocefisso don camillo poi Bitonci, neosindaco di Padova. La questione dello stemma cristiano per eccellenza sta spopolando in particolare sui social. Ma la fede ha bisogno di simboli? Penso che essa, sempre che serva qualcosa difenderla o promuoverla, si trasmetta per trapianto vitale, con i fatti, con la vita. In questo senso mi viene in soccorso il pragmatismo di San Giacomo, che nella sua epistola così afferma: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Lettera di San Giacomo, cap 2, 14-18 ). Concludendo di certo la cristianità intesa come dimensione profonda dell’incontro con Cristo, non trae alcun beneficio dalla crociata dei crocifissi.
Se trattasi di un’azione per ribadire le radici “profondamente” cristiane dell’Italia e dell’Europa, ben venga il tutto. Non perché sia necessario un pedigree certificato del nostro continente, ma la cultura, ce lo insegna l’arte post concilio di Trento che ha fondato le estetiche nazionali, ha bisogno di simboli. Il nostro presente inoltre ha bisogno di fondamenta per proiettarsi nel futuro ed è indubbio che le radici sono cristiane. Peccato che la costituzione europea abbia ceduto ad un laicismo culturale sterile ed oppositivo. Avrei preferito qualche crocefisso in meno, ma che fosse inserito nell’atto costitutivo dell’Europa un rimando alle radici cristiane. Non per amarcord, ma per un bussola identitaria che non indica più riferimenti. Purtroppo noi abitanti del vecchio continente siamo così, dopo la perdita del primato mondiale, rassegnati al ruolo di comprimari che per non scimmiottare i veri leader del pianeta si ungono di inconsistenza. Nei democratici Stati Uniti d’America, il presidente giura sulla Bibbia e nei tribunali si giura da sempre sul testo sacro. In Europa siamo irreversibilmente inclini al rinnegare il nostro passato perché abbiamo timore del nostro futuro. Parigi non vale più una messa. Ora i laici professanti, mi sovvengono un paio di facce corrucciate, diranno che la fede è stata causa di tragedie, di guerre nefaste, di schifezze indicibili, una “ripulita” era necessaria. Il vero protagonista di tutto il male che ha corroso la storia è stato l’uomo. La fede ha invece bonificato l’Europa, ha salvaguardato la cultura antica, ha promosso l’arte lasciandoci un’eredità immensa, ha fondato l’idea di persona che è alla base di ogni stato sociale.
Se i crocifissi dunque aprono una breccia nella riscoperta della nostra identità e delle nostre radici, così sia!
Nel caso sia tutta un’operazione per colmare il vuoto della politica, che Dio ci aiuti……

Volpe e il suo segreto.

Oggi muore Maria Luisa Spaziani. Poetessa e compagna intellettuale di Montale. Per chi ha studiato, per oneri universitari, il poeta di Ossi di Seppia, sicuramente sarà precipitato nel gossip letterario-fantaerotico dei rapporti di questo solenne poeta con le donne. Clizia, Mosca e Volpe, questa la sequenza. Ho sempre tifato per la Tanzi, per Mosca, sicuramente la più ordinaria, la moglie discreta, che ispirò quella poesia magnifica che è “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”, la n.5 di Xenia II. La giovane poetessa, l’amica divertente e divertita dal poeta sommo che “ballava per lei”, mi ha sempre urtato. Forse per l’ambiguità di quel rapporto, di quella relazione sublimatasi nei versi, magnifici. Non ho mai creduto nell’amicizia tra uomo e donna. Nell’amicizia tra la Spaziani e Montale oggi sì, oggi ci credo, oggi che è morta sobriamente e che ha portato con sé il suo segreto, l’eredità di una stagione letteraria straordinaria, in cui i vati seppero solo dirci “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Rileggiando qualche anno fa una rivista di poesia moderna, lontanissima per spessore da Solaria e da Lacerba , ho incontrato Anniversario di Montale. Libero dalle ansie scolastiche, l’ho letta come un commiato di un uomo sazio di vita, spronato ancora alla vita dalla concretezza e dalla natura di Volpe. Volpe per quello straordinario amico, Maria Luisa per tutti gli altri. Me la dedico. Orevuar, professoressa.

 

Dal tempo della tua nascita

sono in ginocchio, mia volpe.

È da quel giorno che sento

vinto il male, espiate le mie colpe.

 

Arse a lungo una vampa; sul tetto,

sul mio, vidi l’orrore traboccare.

Giovane stelo tu crescevi; e io al rezzo

delle tregue spiavo il tuo piumare.

 

Resto in ginocchio: il dono che sognavo

non per me ma per tutti

appartiene a me solo, Dio diviso

dagli uomini, dal sangue raggrumato

sui rami alti, sui frutti.

Addio alle armi

Dopo mesi torno a scrivere nel blog. Rinnovato, più sobrio e stagionato. Il mio diario, minimo per  convenienza oppure modestia. All’inizio il blog nasceva come strumento elettorale: faceva tendenza, lo hanno tutti e nel mio piccolo non mi sono fatto mancare nulla. Ora voglio imbrattare le pagine virtuali con tutto quello che condisce la mia vita immersa nella bucolica dimensione moderna del fastidio cosmico (  citaz. ). Lo faccio per me che ho fatto il giro boa, per le mie piccole che mi trattengono nella gioia, per l’Africa parte della mia vita che mi rivela il divino, per l’adolescenza di chi amo che mi invita a rinviare il suicidio, a mia moglie che è bellissima e mi fa ridere sempre, alla morte che mi incrocia casualmente per strada e mi fa un cenno di saluto, al tempo che è un vuoto a perdere. Per le occasioni mancate, per chi odio e rispetto e per chi amo indegnamente. All’amicizia che è rara ed ha sempre ragione. A te Chet, trombettista dell’infelicità e alla tua ragazza un po’ roca, oltre il cielo cobalto di stasera, oltre lo sferragliare notturno verso la città rossa, oltre….

I voti si danno alla fine

Massima serale ad un concorso di risotti…. I voti si danno alla fine, quando si ha un quadro d’insieme. Saggezza risicola. Non si finisce mai d’imparare.

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Intervista a Mario Adinolfi, autore del libro “Voglio la Mamma” Mario Adinolfi, giornalista, conduttore radiofonico, blogger e giocatore di poker di fama internazionale,è stato il primo italiano ad arrivare al tavolo finale del World Poker Tour. Autore di due saggi Il Conclave ( Hacca 2005 )e Generazione U ( Hacca 2007 ) e dei romanzi […]

Mantra omofobico

Non voglio parlare delle persone omosessuali e della loro sacrosanta libertà di far quel che vogliono in camera da letto.
Non vorrei parlare della famiglia, progettata dalla Natura, che l’uomo vuole distruggere, vuole manipolare, vuole piegare.
Non voglio parlare della polemica che frulla l’ordine e libertà individuale, amo troppo la pasta per non mangiarne.
Non voglio parlare delle fobie mie ed altrui, non è più tempo di confronti.
Non voglio parlare delle verità supposte che alla fine sono solo opinioni, e della lesa maestà al “Pensiero Unico”.
Non voglio parlare di chi é uomo solo quando é “social”.
Non voglio parlare della confusione che si fa quando scarseggiano gli argomenti.
Non voglio parlare della pubblicità gratuita che tutto questo ha portato, per non urtare la sensibilità di chi la pubblicità se la paga.
Non voglio parlare della coerenza, che senza l’innesto della vita è solo una parola, un rutto che collega uno spritz all’altro.
Voglio invece parlare di una coppia di fatto che deve governare l’Italia, ma non è facile, non si può andare “contro natura”,
Vorrei parlare di un vecchio avido inseguito dalle sue colpe, che nel tentativo di distruggerle, affonda il paese,
Vorrei parlare di Matteo che i crede troppo, di Enrico che dovrebbe crederci di più, di Silvio, che purtroppo ci crede ancora, dell’Italia che non crede più a nulla.
Vorrei parlare dei traditori e dei responsabili, dei falchi e delle colombe, di chi sorride e di chi si incazza, delle divisioni di un paese che sta morendo.
Vorrei parlare del lavoro, che non è più un diritto, di futuro, solo un’incognita, di speranza, una parola oggi fuori moda.
Vorrei parlare delle idee, quelle che lasciano trasparire le persone, la loro vita, i perché e non della banalità di un pregiudizio,
Vorrei parlare con Dio, ma non ci sente da tempo e non mi ha neppure mandato una cartolina.
Vorrei parlare di tutto questo, ma ho sonno, sono le quattro ed ho un po’ di veleno. Mi affido a Gaber e spero di sognare.

"Ri-generare le Istituzioni Il contributo dell’Economia Civile all’Innovazione Istituzionale"

Un buon punto di partenza…….“Ri-generare le Istituzioni

Il contributo dell’Economia Civile all’Innovazione Istituzionale”

http://www.legiornatedibertinoro.it/news.cfm?id=152

il volo della zanzara e il Tennesee

Una zanzara, alle quattro del pomeriggio, fuori luogo come un riccio di mare nella muta da sub. 
Mi ha sorvola da una decina di minuti. La sento, l’attendo per lo scontro finale. All’ultimo sangue. Fingo di dormire così la posso sorprendere. Una manata e tutto viene riportato all’ordine. Un attimo e di lei non rimarrà che un puntino di ematico e qualche pezzo di cutina aggrovigliato. Finché vola impensierita dal mio immobilismo, le sue alucce battenti mi ricordano Seven Years di Norah Jones. Ascolto il suo svolazzare al ritmo del banjo, il ticchettare delle corde, e mi rilasso. Immagino i campi dell Tennesee, i pollini verso sera trasportati dal vento verso il fiume, i colori aranciati dei film di Zemeckis, le atmosfere dell’epopea americana post Jonh Ford. L’America delle torte di mele e dei panni stesi al sole attenendo i ritorno del veterano…anche la zanzara, che è un animale sensibile, con il sangue altrui nelle vene, viene rapita dalle mie suggestioni, si avvicina, per condividere il mio sogno, il nostro sogno, la nostra migrazione lontana, sul set dell’America dalle tinte forti color pastello.  Sui prati verdissimi, con i muriccioli di pietra, gli alberi frondosi, gli insetti, quanti insetti vivono beatamente nei pascoli mittelamericani, nelle distillerie, nelle segherie, nella fronde dei abeti altissimi, negli scorci della fattoria di Jonh Cable e Cades Cove.

 Atterra la mia amica sul mio braccio peloso, un prato ubertoso per lei, ricco e succulento, ed anche lei immagina le american pie appena sfornate, i panni stesi,  i veterani …. pahhhhh addio sogno, maledetto animale. Mai fidarsi di chi parla con un insetto….mai …!